Quando è vissuto Daniele?

Data di riferimento: 539 a.C.

Popoli: Babilonia, Media + Persia

Profeti/Profetesse: Daniele: seguito da Aggeo, Zaccharia, Ester, Malachia

Reperti importanti:

Altre risorse utili: Difesa della paternità di Daniele (E. J. Young)

Sintesi:

Capita spesso, volendo approfondire la conoscenza della scrittura con l’ausilio della storia e delle altre scienze, di imbattersi in informazioni incomplete e apparentemente in contrasto con la scrittura. La storia del confronto tra il capitolo 5 di Daniele e le crescenti informazioni ottenute da fonti extrabibliche offre una lezione importante in questo riguardo. Per lunghi anni, infatti, si è ritenuto che il testo di Daniele fosse in contrasto con le principali fonti extrabibliche che davano Nabonedo, e non Belshazzar, come ultimo re di Babilonia. Tra la metà del 1800 e i primi decenni del 1900 sono emersi il “Cilindro di Nabonedo” che confermava l’esistenza di Belshazzar, la “Cronaca Persiana” che accennava la autorità militare del primogenito di Nabonedo, numerose tavolette aministrative che suggerivano una co-regenza tra Nabonedo e Belshazzar e, infine, il “Racconto Persiano in Versi” con la sua spiegazione che nel corso del suo regno Nabonedo affidò ogni cosa, compresa la regalità, a suo figlio prima di partire per un lungo viaggio.

La precisione del capitolo 5 [di Daniele, NdT] è paragonabile a quella della letteratura cuneiforme riguardo a questi eventi. I punti di eccellenza del racconto biblico sono: la presenza del nome Belshazzar, la regalità di Belshazzar, la realtà di una doppia sovranità nel regno. I documenti babilonesi del sesto secolo a.C. confermano la correttezza di questi tre elementi. I testi scritti sotto il governo persiano sempre nel sesto secolo non conservano il nome Belshazzar ma testimoniano della grande autorità del principe erede. Due grandi storici greci del quinto e quarto secolo non nominano Belshazzar e offrono solo indizi vaghi sulla reale situazione politica nel regno di Nabonedo. Annali in lingua greca da circa l’inizio del terzo secolo a.C. al primo secolo a.C. non nominano in alcun modo Belshazzar né offrono indizi riguardanti il livello di potere che deteneva al momento della caduta dell’impero neobabilonese. La totalità delle informazioni disponibili in tutti i documenti che sono posteriori rispetto ai documenti cuneiformi del sesto secolo d.C. e anteriori rispetto a Giuseppe Flavio nel primo secolo a.C. non avrebbero potuto fornire all’autore le informazioni necessarie per una descrizione accurata del contesto storico di Daniele 5.

Dougherty, Nabonidus and Belshazzar, 1929 p. 200

Dalla scoperta che Belshazzar era figlio di Nabonedo per il lettore moderno può nascere il dubbio “Perché Daniele si rivolge a Belshazzar come ‘figlio’ di Nabucodonosor?” Bisogna sapere infatti che nelle lingue semitiche, tra cui l’ebraico, l’uso di termini come padre/figlio è molto diverso dal senso che hanno queste parole in italiano – basti pensare che parole come “nonno” o “bisnonno” non esistevano. Versetti come “Belshazzar ordinò che portassero i vasi d’oro che Nabucodonosor, suo padre, aveva preso dal tempio di Gerusalemme” sottolineano il nesso tra Belshazzar, che usa in modo indegno i vasi del tempio, e il suo lontano ma non lontanissimo predecessore che aveva saccheggiato il tempio circa cinquanta anni prima. L’uso di termini come padre/figlioin contesti come questo è attestato sia nella bibbia, quando Eliseo usa l’espressione “padre mio” nei confronti di Elia, suo predecessore, sia nell’Obelisco nero di Salmaneser – una fonte assira che si riferisce a Ieu, re d’Israele, con l’appellativo “figlio di Omri” (Ieu è stato protagonista di un colpo di stato contro la dinastia di Omri).